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Recensioni

Da: American Record Guide     July/August 2018

RIGATTI: Motets for Soprano Ensemble Estro Barocco

Urania 14034—54 minutes

The motet genre, which takes its name from the French “mot” (word), is usually thought of as a choral genre for liturgical use. While motets can come in many shapes and sizes (and are intended for many different ceremo- nial occasions, not all of them liturgical), one seldom associates the genre with the solo voice. But as this new collection from the Ital- ian ensemble Estro Barocco demonstrates, the solo madrigal genre made famous by Mon- teverdi had its corollary in a liturgical motet repertoire for solo voice and instruments. This repertoire was perpetrated by such composers as Giovanni Antonio Rigatti (1613-48), who was a chorister at St Mark’s in Venice, where he sang under Monteverdi’s direction. In his short life, Rigatti produced nine volumes of sacred music, some short secular works, and a massive collection from 1640 called “Masses and Psalms”. Here 8 of the 16 motets from Rigatti’s second collection are artfully ren- dered on period instruments by the six mem- bers of Estro Barocco.

One of those members is soprano Paola Roggero, who approaches Rigatti’s decorative writing with great professionalism and sensi- tivity—indeed, one would perhaps like to hear a bit more flair and abandon in the delivery of Rigatti’s intense vocal ornamentation. This ornamentation is one of the more striking ele- ments of his work; the sections incorporating sequential melismas seem to foreshadow the music of Bach and Handel, nearly a half centu- ry before they were born. Still, Roggero’s restraint is suitable—these are liturgical works, after all. And, given the fact that each motet is six or seven minutes long, the soprano demon- strates laudable consistency in what is essen- tially a marathon performance.

Rigatti’s music makes heavy use of the recitative style pioneered by Monteverdi and other opera composers of the early 17th Cen- tury. These declamatory sections, often involv- ing repeated words, are interspersed with more metrical sections of music where voice and instruments engage in imitative interplay. The synergy among the performers is palpa- ble, with harpsichordist Barbara Petrucci and guitarist Ugo Nastrucci delivering delicate punctuation in the more dance-like sections.

The motets take as their source liturgical and devotional texts, many of them Biblical. One notable drawback here is its lack of Eng- lish translations; some of the Latin texts are fairly arcane. The notes are in English and Ital- ian. These are by prominent Italian musicolo- gist Raffaele Mellace, and are exceptionally scholarly. Rigatti may never achieve the level of prominence reserved for a Gabrieli or a Monteverdi; but as an example of the early 17th Century liturgical Italian style, his music remains valuable.

OBEROI

 

Da:  www.musicvoice.it. 22 Giugno 2018

L’arte musicale veneziana dei primissimi decenni del Seicento è improntata intorno a una figura capitale, quella di Claudio Monteverdi, tale da rendere la città della Serenissima una delle capitali europee della musica dell’epoca. Ma non bisogna dimenticare che Monteverdi rappresenta la proverbiale punta dell’iceberg rispetto a un movimento, a una scuola (incarnata dalla Cappella della Basilica di San Marco) e a un gruppo di musicisti italiani e stranieri che elessero Venezia quale centro dove vivere e operare, tanto da permettere alla città lagunare di essere al centro di un mirabile sviluppo artistico in cui musica, pittura, scultura e arte della stampa (strumento ineludibile per la propagazione e irradiazione delle idee e delle opere) permisero l’instaurarsi di un periodo semplicemente irripetibile tra la fine del XVI secolo e la metà di quello successivo in quel preciso contesto storico e culturale. E tra coloro che contribuirono a rendere Venezia “ombelico del mondo” musicale dell’epoca vi fu anche Giovanni Antonio Rigatti, al centro di questa registrazione discografica che presenta, in prima assoluta mondiale, una parte del secondo libro contenente sedici mottetti, di cui otto dedicati alla voce del soprano (quelli, per l’appunto, presenti in questo compact disc), pubblicato nel 1647, ossia un anno prima della morte del compositore veneziano avvenuta a soli trentacinque anni. Il corpus delle opere rigattiane verte quasi esclusivamente sulla produzione sacra (cinque volumi di mottetti solisti e concertati e quattro di salmi che contengono anche tre messe), oltre a due libri di musica profana, con monodie in stile concertato e madrigali e votato a una concezione estetico-musicale in cui si avverte distintamente la messa in atto annunciata dalla seconda prattica monteverdiana, ossia basata non solo su una maggiore libertà per ciò che riguardava l’esposizione musicale rispetto al testo vocale, ma soprattutto su una sua resa maggiormente aderente ai dettami di una teatralità scenica, tale da rendere l’opera meno statica da un punto di vista della sua esecuzione. E Rigatti riesce a fare ciò, come si può ascoltare in questa illuminante registrazione, attraverso un uso della voce, quella del soprano (o anche tenorile) in cui i mottetti vengono tratteggiati, espressi, connotati da una dimensione scenica in cui si percepisce lo spazio, la funzione tridimensionale in cui voce e accompagnamento musicale (dato dalla tiorba, dalla chitarra barocca, dall’organo portativo, dal violoncello barocco, dal serpentone e dal clavicembalo) non rappresentano più un elemento “fisso” in cui l’apporto strumentale ha unicamente il compito di sostenere la voce umana, ma un proscenio ideale in cui il ruolo degli strumenti è quello di intervenire nel tratteggiare oltre ciò che il canto propone. Con la seconda prattica la forbice si allarga, la libertà sonda in profondità e il quadro d’insieme ottenuto dall’articolazione combinata della voce con gli strumenti assume contorni più sfumati, più dinamici e a guadagnarci è il tratto psicologico che caratterizza la rappresentazione, con l’elemento umano che può descrivere anche se stesso oltre a ciò che è scritto nelle note.

Da qui una drammaturgia dell’eloquio che è il frutto di una ragguardevole e attenta ornamentazione che Rigatti opera attraverso l’uso dell’accompagnamento, in cui ogni strumento, a sua volta, diviene voce autonoma, colore e spazio che vanno ad arricchire la tavolozza globale della composizione e a rendere più articolato lo spazio in cui si svolge la scena musicale (poiché in fondo il mottetto diviene ciò) che non si pone unicamente il ruolo di raccontare, ma come raccontare. In fondo, l’avvento della seconda prattica monteverdiana è il trionfo del come sul quando, dello spazio (scoperta per eccellenza del barocco pittorico, soprattutto di quello della scuola veneta) sul tempo, dell’uomo come motore che agisce e che opera a scapito dell’azione fine a se stessa. Tutti concetti splendidamente manifestati dalla presente registrazione in cui gli otto mottetti eseguiti dai membri dell’Ensemble Estro Barocco si stagliano su un proscenio che abbandona il luogo d’origine per il quale furono creati da Rigatti, ossia la dimensione sacrale, per assurgere a “micro opere conchiuse”, dove i testi desunti dalle sacre scritture, i libri del Salterio e del Cantico dei Cantici (la scelta di quest’ultimo con l’inevitabile sentore erotico che presta il fianco a una dimensione profana deve far riflettere), oltre che da frammenti di antifone e di responsori liturgici, si tramutano in espressioni carnali, fisiche, in cui la fede, l’anima, l’idea del peccatore e del credente sono fasciati da nervi, vene, muscoli, proiezioni nelle quali il canto e l’accompagnamento musicale non sono più strumenti, veicoli, ma protagonisti assoluti inseriti all’interno del contesto scenico. E questa è, ormai, la modernità che bussa alla porta di quel tempo.

Non conoscendo le opere in questione, quantomeno a livello di interpretazione e di conseguente ascolto consolidato, non posso che affidarmi al risultato estetico ed esecutivo in termini generali e questo non può che essere più che positivo, sia da parte dell’ardua tessitura vocale (soprattutto quando la voce è costretta a galleggiare sul registro acuto, permettendo il dipanare strumentale che ha il compito di fissare e amplificare ciò che il canto indica) affrontata dal soprano Paolo Roggero, sia da parte dell’accompagnamento, in cui primeggiano l’organo portativo di Federico Demarchi, il serpentone di Roberta Pregliasco, la tiorba e la chitarra barocca di Ugo Nastrucci. Un altro esempio di ensemble filologico, ricco di passione, entusiasmo e preparazione non solo musicale, ma anche musicologica, che rende ricco a livello artistico questo Paese che troppo spesso, purtroppo, dimentica tali eccelse realtà.

Anche la presa del suono non è da meno, con la chiesa di Santa Caterina di Mondovì che si è dimostrata una location ideale (con un riverbero fortunatamente non straripante); dinamica più che eccellente, veloce e priva di enfasi. Il palcoscenico sonoro ha restituito la voce sopranile leggermente avanzata rispetto agli strumenti, posti a una discreta profondità, con l’equilibrio tonale che non mostra imperfezioni e con un dettaglio che ha permesso di scolpire gli strumenti e la voce.

Andrea Bedetti

 

Giovanni Antonio Rigatti – Mottetti a voce sola per Soprano – Libro II (1647)

Ensemble Estro Barocco

CD Urania Records LDV 14034

Giudizio artistico 5/5

Giudizio tecnico 4/5

Da: GBOpera Magazine  04 Luglio 2018

La breve parabola esistenziale di Giovanni Antonio Rigatti (Venezia 1613 – Venezia 1648) si svolse quasi tutta, eccezion fatta per una breve parentesi ad Udine dove fu maestro di cappella della cattedrale dal 1635 al 1637, nella Venezia del Seicento, centro musicale particolarmente florido, dove vissero e operarono anche eminenti compositori quali Claudio Monteverdi e Alessandro Grandi. Nella città lagunare fu “maestro d’organo e musica alle figliole” all’Ospedale dei Mendicanti dal 1639 al 1642, quando passò con lo stesso incarico a quello degli Incurabili.  Tra il 1634 e il 1648 Rigatti diede vita ad una produzione piuttosto esigua, rimasta quasi del tutto sconosciuta ai nostri giorni e costituita da otto raccolte di musica sacra tra cui spicca quella intitolata, Messa e salmi, parte concertati a 3. 5. 6. 7. et 8 voci, con due violini e altri stromenti a baneplacito, et parte a 5. a cappella, che, composta nel 1640 e dedicata all’imperatore Ferdinando III, è certamente il  suo capolavoro, e da due libri di musica profana (monodie in stile concertato e madrigali).
Al 1646 e, quindi, agli ultimi anni di vita di Rigatti risale la composizione del secondo libro dei Mottetti a voce sola che, dedicato al ricco mercante Tommasi di Vettor Tasca, è stato proposto,  in questa incisione realizzata dall’Ensemble Estro Barocco per Urania Records nel 2017 a circa 370 anni dalla morte del compositore, in forma parziale. Dei 16 mottetti, di cui si compone la raccolta, sono stati incisi gli 8 per soprano, che, secondo quanto prescritto dallo stesso Rigatti, possono essere cantati anche da un tenore con la semplice trasposizione un’ottava sotto della parte vocale, mentre sono stati tralasciati i rimanenti (5 per Alto, uno per tenore, e due per basso). Nonostante il libro sia proposto in una forma parziale, questo cd ha, senza dubbio, un importante valore storico dal momento che ha il merito di riscoprire la produzione di un compositore del Seicento la cui opera sarebbe rimasta ancora per molto tempo quasi del tutto sconosciuta. L’ascolto dei brani incisi ci permette di scoprire un compositore raffinato che rivolge la sua attenzione all’espressione degli affetti  e delle parole del testo che appaiono nella sua scrittura esaltate nonostante la ricca ornamentazione che potrebbe renderne difficile l’intelligibilità.  Tra i brani è possibile anche apprezzare alcune perle come il mottetto Nec invenio che si segnala per il contrasto tra lo scarno recitativo che ne contraddistingue l’incipit di carattere interrogativo e l’esaltazione giubilare della sezione aperta dall’Exsurge, o ancora O Jesu nella cui parte iniziale emerge una dolce cantabilità.
Realizzata dall’ensemble Estro barocco che accompagna il soprano Paola Roggero, quest’incisione si segnala per il rispetto filologico della prassi esecutiva barocca nonostante si noti una piccola libertà, consistente nella scelta di introdurre tra gli strumenti del Basso continuo il serpentone. La diffusione di questo strumento nella Venezia dell’epoca di Rigatti non è, infatti, suffragata da prove, come, del resto, si può leggere anche nella Nota sulla concertazione del Basso continuo, inserita nel ricco bookletcompletato da due saggi storico-musicologici a firma di Antonio Delfino e Raffaele Mellace e dalla trascrizione dei testi dei mottetti in latino con la loro traduzione. La realizzazione del basso continuo con una netta demarcazione tra le sezioni in stile recitativo affidate all’accompagnamento del solo organo e quelle ritmiche nelle quali intervengono gli altri strumenti, appare, comunque, ricca e varia anche da un punto di vista timbrico. Perfettamente in stile è l’esecuzione dei continuisti: Federico Demarchi(organo positivo), Cécyle Peyrot (violoncello), Giuseppe Nastucci (Tiorba e chitarra barocca), Barbara Petrucci (clavicordo) e Roberta Pregliasco (serpentone). Dotata di una voce abbastanza omogenea, Paola Roggero interpreta  questi mottetti con partecipazione evidenziando un fraseggio curato e una buona tecnica nei passi di agilità.
Riccardo Viagrande

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